Atti del Concilio di Tours
Voluto da Carlo Magno, si tenne nell'anno 813 a Tours ed è considerato l'atto ufficiale di nascita delle lingue romanze. Durante i lavori conciliari i vescovi presero atto delle autonomie linguistiche neolatine, le lingue volgari, e ricorsero alla prima attestazione del termine romana (romana lingua, da cui il termine "romanza" nel senso di lingua derivata dal latino) per riferirsi alla lingua comunemente parlata all'epoca in Gallia, in opposizione alla lingua germanica parlata dai Franchi invasori.In definitiva, il Concilio stabilisce che la predicazione debba avvenire in RUSTICAM ROMANAM LINGUAM (i volgari romanzi) ed in AUT THIOTISCAM (le lingue germaniche).
Giuramenti di Strasburgo
Ludovico (in volgare romanzo francese): Pro Deo amur et pro christian poblo et nostro commun salvament, d'ist di in avant, in quanto Deus savir et podir me dunat, si salvarai eo cist meon fradre Karlo et in aiudha et in cadhuna cosa, si cum om per dreit son fradra salvar dift, in o quid il mi altresi fazet et ab Ludher nul plaid nunquam prindrai, qui, meon vol, cist meon fradre Karle in damno sit.Carlo (in volgare germanico): In Godes minna ind in thes christianes folches ind unser bedhero gehaltnissi, fon thesemo dage frammordes, so fram so mir Got gewizci indi mahd furgibit, so haldih thesan minan bruodher, soso man mit rehtu sinan bruher scal, in thiu thaz er mig so sama duo, indi mit Ludheren in nohheiniu thing ne gegango, the minan willon, imo ce scadhen werdhen.Esercito di Carlo (in volgare romanzo francese): Si Lodhuvigs sagrament que san fradre Karlo jurat conservat et Karlus, meos sendra, de suo part non l'ostanit, si io returnar non l'int pois, ne io ne neuls cui eo returnar int pois, in nulla aiudha contra Lodhuwig nun li iu er.
Esercito di Ludovico (in volgare germanico): Oba Karl then eid then er sinemo bruodher Ludhuwige gesuor geleistit, indi Ludhuwig, min herro, then er imo gesuor forbrihchit, ob ih inan es irwenden ne mag, noh ih noh thero nohhein, then ih es irwenden mag, widhar Karle imo ce follusti ne wirdoohg.
Ludovico (in volgare romanzo francese): Per l'amore di Dio e per il popolo cristiano e per la nostra comune salvezza, da qui in avanti, in quanto Dio mi concede sapere e potere, così aiuterò io questo mio fratello Carlo e in aiuto e in qualunque cosa, così come è giusto, per diritto, che si aiuti il proprio fratello, a patto ch'egli faccia altrettanto nei miei confronti, e con Lotario non prenderò mai alcun accordo che, per mia volontà, rechi danno a questo mio fratello Carlo.Carlo (in volgare germanico). Il giuramento è praticamente identico a quello di Ludovico; cambia solo la formula «questo mio fratello Carlo» (cist meon fradre Karlo) e Carlo dice solamente «questo mio fratello» (thesan minan bruodher).Esercito di Carlo (in volgare romanzo francese): Se Ludovico mantiene il giuramento fatto a Carlo e Carlo, mio signore, da parte sua non lo mantiene, se io non posso da ciò distorglierlo, né indurre qualcuno a farlo, non gli sarò di nessun aiuto contro Ludovico.
Esercito di Ludovico (in volgare germanico). La formula è praticamente identica a quella dell'esercito di Carlo; cambia solo la formula «Carlo, mio signore» (Karlus, meos sendra) in «Ludovico, mio signore» (Ludhuwig, min herro).
L'indovinello veronese
Se pareba boues alba pratalia araba& albo uersorio teneba& negro semen seminaba.
L'interpretazione del più antico documento scritto in un volgare italiano iniziò nel 1924, quando il paleografo Luigi Schiapparelli, che stava lavorando sul corpus di un prezioso codice della Biblioteca Palatina di Verona, il Ms. LXXXIX, un orazionale mozarabico scritto in caratteri visigoti, diede la trascrizione delle quattro scritte ritrovate su un foglio di guardia (sulla pagina 3R per la precisione) del manoscritto in un articolo pubblicato nell'Archivio storico italiano, VII, 1 (1924)
L'articolo suscitò un grande interesse, del quale Schieparelli forse non aveva avuto piena coscienza. Il Paleografo stava studiando i fogli di guardia perché era interessato alla storia e agli spostamenti che era riuscito a ricostruire quasi completamente:
Schiepparelli già nel 1924 aveva individuato che:
- il libro, scritto in Spagna per la chiesa di Toledo, probabilmente lasciò la penisola iberica poco dopo la conquista araba del Regno di Toledo (711)
- era arrivato Cagliari, dove al f. 1 fu aggiunta in corsivo la sottoscrizione: Flavius Sergius bicidominus sancte ecclesie Caralitane (evidente riferimento a Cagliari).
- Qualche tempo dopo doveva essere a Pisa (a f. 3v è annotato in scrittura corsiva diversa dalla precedente: Maurezo canevarius fideiussor de anfora vino de Bonello in XX anno Liutprandi regis (l’anno 20° di Liutprando è il 732 e Mauricius è documentato a Pisa nell’anno 730).
- Durante il secolo VIII il manoscritto mozarabico doveva essere già arrivato a Verona, come dimostrano le prove di penna ai ff.4, 112v e soprattutto il celebre indovinello veronese scritto in alto al f. 3r , al quale è attribuita una straordinaria importanza, perché costituisce l’esempio più antico di espressione volgare su libro.
- Altra prova di penna in caratteri visigotici del sec. VIII si trova a f. 9: Giso presbiter.
Sul f. 112 è una prova di penna in scrittura carolina del sec. IX: In nativitate Sancte Natalie. - Il codice fu poi restaurato presso la Biblioteca Vaticana per munificenza di papa Pio XI.
Da subito, filologi e linguisti non hanno cessato di formulare questioni e congetture, in particolare sul grado di volgarismo cosciente del breve testo, sul suo eventuale colorito veneto-friulano, sulla sua struttura in esametri o altro metro.
Inizialmente la comprensione del testo non era chiara e anche la trascrizione era dubbia. Si sono proposte varie correzioni. Eppure la mano che ha tracciato il segno è tutto fuorché una mano inesperta.
Il passo in avanti decisivo venne fatto nel 1927, grazie a Vincenzo De Bartholomaeis, o meglio, grazie a una sua studentessa universitaria del primo anno, "la signorina Liana Calza da Borgo San Donnino" che fu la prima a intuire che si trattava di un indovinello e a risolverlo
Inizialmente la comprensione del testo non era chiara e anche la trascrizione era dubbia. Si sono proposte varie correzioni. Eppure la mano che ha tracciato il segno è tutto fuorché una mano inesperta.
Il passo in avanti decisivo venne fatto nel 1927, grazie a Vincenzo De Bartholomaeis, o meglio, grazie a una sua studentessa universitaria del primo anno, "la signorina Liana Calza da Borgo San Donnino" che fu la prima a intuire che si trattava di un indovinello e a risolverlo
I quattro passi del Placito cassinese:
« Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti. »
(Capua, marzo 960)
« Sao cco kelle terre, per kelle fini que tebe monstrai, Pergoaldi foro, que ki contene, et trenta anni le possette. » (Sessa, marzo 963)
« Kella terra, per kelle fini que bobe mostrai, sancte Marie è, et trenta anni la posset parte sancte Marie. » (Teano, ottobre 963)
« Sao cco kelle terre, per kelle fini que tebe mostrai, trenta anni le possette parte sancte Marie. » (Teano, ottobre 963)
Iscrizione di San Clemente
Sisinnium «Fili de le pute, traite, Gosmari, Albertel, traite Falite dereto colo palo, Carvoncelle!» Clemente: «Duritiam cordis vestris, saxa trahere meruistis».
Traduzione: Sisinnio: «Figli di puttana, tirate! Gosmario, Albertello, tirate! Carvoncello, spingi da dietro con il palo» Clemente: «A causa della durezza del vostro cuore, avete meritato di trascinare un sasso [o sassi]».
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