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Le sei commedie di Terenzio

TRAMA DELLE COMMEDIE DI TERENZIO 166 a.C. ANDRIA (= la fanciulla di Andro): Fu rappresentata durante i Ludi Megalenses. Panfilo ama Glicèrio, giovinetta arrivata ad Atene e sistematasi presso la meretrice Criside. Alla morte di questa, Simone, padre di Panfilo, scopre la relazione del figlio e vuole costringerlo a sposare Filùmena, figlia dell’amico Crèmete. Glicerio però è incinta, ma arriva un altro giovane, Carino, innamorato di Filumena. Davo, il servo furbo di Panfilo, mette il neonato di questo davanti alla porta di Cremete, il quale annulla le nozze. Si scopre che anche Glicera è figlia di Cremete e si celebrano i due matrimoni. Il modello greco è l’ “ANDRIA” di MENANDRO, con alcune scene della “PERINTHIA”, come afferma Terenzio stesso nel prologo. 165, 160 a.C. fu rappresentata l’HECYRA (=la suocera). Pànfilo ama la meretrice Bàcchide, figlia di Fidìppo. Lachète gli fa sposare Filùmena, figlia di Fidippo. Dopo un periodo di rapporti freddi con la moglie,
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Lezione IV bis - Il tempo dell'uomo

Da BEFORE CHARTRES | La scuola antelamca e la parola fine C’è un ciclo di rilievi “di scuola antelamica” che al riguardo è esemplare, ed è quello che decora l’archivolto centrale del portale principale della Basilica di San Marco a Venezia. Le figure dei mesi, in particolare, sono meravigliose. Guardate Marzo, vestito a guerra e con i capelli al vento, o Febbraio, che si scalda al fuoco… La “scuola antelamica” produce qui una serie di rappresentazioni di livello eccelso, così belle da reggere il confronto con i migliori esiti della scultura romanica; ed è difficile dire in che cosa si differenziano, nella loro forma, queste figure, rispetto ai capitelli istoriati di Brioude o di Mozat. Eppure qualcosa manca, qualcosa se n’è andato via: dietro tutte queste sculture veneziane – e allo stesso modo dietro tutte le opere “di scuola antelamica” – non c’è più l’ansia della Fine e del nuovo Inizio che è la linfa vitale, l’energia prorompente, l’angoscia costante del tempo romanico. Un passo an

Marco Tullio

(LA) «Disertissime Romuli nepotum, quot sunt quotque fuere, Marce Tulli, quotque post aliis erunt in annis, gratias tibi maximas Catullus agit pessimus omnium poeta, tanto pessimus omnium poeta, quanto tu optimus omnium patronus.» Cicerone from Paola Barbarossa

Lettere a Catullo

Mi chiamo Gladio Augusto Novo. Sono uno di quelli che quel ragazzino che ardisce proclamarsi poeta chiamerebbe un Senex Severior. Ho letto i Carmina 5 e 7 di Catullo e sono ancora più sgomento nei confronti di questa relazione sbagliata. Nel Carme 5, io e tutti quelli che come me la pensano, veniamo descritti come “vecchi troppo severi” a cui bisogna dare lo stesso peso di “monete senza valore..”   continua a leggere Ho appena mandato via dalla mia casa i miei informatori e mi sono subito messo a scrivere. Sono estremamente adirato! Oggi mi hanno portato degli scritti particolari, me li hanno dati dicendo che erano diventati in pochi giorni famosissimi in tutta la città, per loro era impossibile che io non ne avessi ancora sentito parlare. Li ho presi e ho iniziato a leggerli e subito ho capito di chi fossero e di cosa trattassero, certo, ne avevo già sentito parlare e mi era bastato; non avevo nessuna intenzione di spendere altro tempo a leggere quelle poesie così malevoli, d

Note ai viaggi di Colombo

Le navi La Pinta (in spagnolo: la "Dipinta") fu la nave dalla quale Rodrigo de Triana avvistò per primo l'America. Il vero nome dell'imbarcazione è sconosciuto, sappiamo che era una caravella .  Le altre navi della spedizione di Colombo furono la Niña e la Santa María. La Pinta e la Niña sopravvissero al viaggio di ritorno, a differenza dell'ammiraglia che finì incagliata su un banco di corallo presso Haiti, durante una navigazione notturna. La Niña (spagnolo: "bambina") Il vero nome della Niña era Santa Clara. Il soprannome Niña era probabilmente un riferimento scherzoso al nome del proprietario, Juan Niño. Era una caravella lunga circa 20 m, La Santa María , anche nota come La Gallega, fu l'Ammiraglia della flotta di Cristoforo Colombo (fintanto che rimase a galla: incagliatasi il giorno di Natale del 1492 sulle rive di Haiti, causa inesperienza del timoniere, la nave fu parzialmente smantellato per ottenere legni per Forte

Meretrcies (?) in love

Marta Pesce CAPITOLO III. LO STUPRO IN ETA’ AUGUSTEA Al tempo dell’età augustea oltre al termine stuprum esisteva un altro modo per chiamare tale atto e cioè vis. Il primo atto giuridico a considerare la vis come un crimine fu, nel 70 ac, la Lex Lutatia, che rese perseguibile chiunque si macchiasse di violenza sessuale ai danni di un giovane uomo, di una matrona o una vergine. Le punizioni per i colpevoli potevano variare dalla pena di morte alla castrazione e venivano spesso mese in atto anche nel caso in cui lo stupratore fosse riuscito ad ottenere il perdono ufficiale da parte del tutore della vittima. Lo stupro era classificato come un attentato alla giustizia pubblica e non soltanto privata. La legge più importante riguardante l’argomento fu la Lex Iulia de vi emanata durante il governo di Caio Giulio Cesare (circa nel 45 aC). Le leggi contenute consentivano anche che la denuncia fosse esposta direttamente da una donna e non soltanto dall’uomo legittimato ad