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Meretrcies (?) in love

Marta Pesce
CAPITOLO III. LO STUPRO IN ETA’ AUGUSTEA
Al tempo dell’età augustea oltre al termine stuprum esisteva un altro modo per chiamare tale atto e cioè vis.
Il primo atto giuridico a considerare la vis come un crimine fu, nel 70 ac, la Lex Lutatia, che rese perseguibile chiunque si macchiasse di violenza sessuale ai danni di un giovane uomo, di una matrona o una vergine. Le punizioni per i colpevoli potevano variare dalla pena di morte alla castrazione e venivano spesso mese in atto anche nel caso in cui lo stupratore fosse riuscito ad ottenere il perdono ufficiale da parte del tutore della vittima.
Lo stupro era classificato come un attentato alla giustizia pubblica e non soltanto privata.
La legge più importante riguardante l’argomento fu la Lex Iulia de vi emanata durante il governo di Caio Giulio Cesare (circa nel 45 aC). Le leggi contenute consentivano anche che la denuncia fosse esposta direttamente da una donna e non soltanto dall’uomo legittimato ad esercitare la propria potestas su di essa. Le vittime di sesso femminile però per essere prese in considerazione durante il processo erano comunque costrette a farsi rappresentare fisicamente in tribunale dai loro tutori.
Esisteva anche l’accusa di iniuria che implicava un oltraggio inflitto non solo a livello fisico ma nche e soprattutto morale. Oltre alla violenza veniva lesa la reputazione della vittima.
I due decreti
che sioccupavano di questo delitto erano la Lex Aquilia e la Lex Cornelia dei iniuriis. La prima Lex sanciva il dovere, da parte del criminale, di risarcire economicamente un dominus per i danni provocati alle sue proprietà, quindi anche alla sua servitù o ai membri della sua familia.
Le direttive sillane, invece,
ordinarono l’istituzione di una specifica corte giudicativa, a cui era affidato il compito di processare le lesioni personali e le offese arrecate al pudore di donne, fanciulli e cittadini di lignaggio. Accanto al pagamento della somma riparatoria furono stabilite anche delle pene corporali consistenti in fustigazione, nell’esilio coatto con perdita dei diritti e dei beni, nella condanna ai lavori forzati e perfino nella pena di morte.
In tema di stupro assume particolare rilievo un editto fondamentale intitolato Quod per vim aut metum abstulisset (I secolo aC) si concentrava sull’aspetto intimidatorio delle aggressioni. La vittima sarebbe stata tutelata in base a tre provvedimenti: che avrebbe eliminato tutti gli effetti di un negozio giuridico conclusosi per mezzo della coercizione, che avrebbe impedito ogni reclamo da parte del colpevole sui crediti ottenuti grazie ad una transazione obbligata, che in caso di mancato risarcimento immediato, avrebbe comportato il pagamento della pena con un valore quadruplicato rispetto al danno economico iniziale.
Un secondo editto, De adtemptata pudicitia,
stabilì invece, intorno al 200aC una salvaguardia completa dell’onorabilità sessuale delle donne sposate, vedove, oppure vergini o dei ragazzi non ancora adulti. In questo editto era punito anche l’uomo che le metteva in difficoltà facendo pressioni psicologiche o che le pedinava per la strada. A quel tempo comunque le donne considerate per bene non uscivano mai sole per strada. Quelle che non si dotavano di un accompagnatore fidato durante le passeggiate in pubblico erano molto malviste e rischiavano di essere scambiate per delle schiave o peggio per delle prostitute. Se l’insistente corteggiatore fosse stato in grado di dimostrare che la preda aveva attirato incautamente la sua attenzione mostrandosi vestita ‘come una meretrice ‘ sarebbe stato punito con molta meno severità o, addirittura, assolto.
A rendere molto più semplice e frequente l’utilizzo di una simile attenuante fu, prevedibilmente, la maggiore e, talvolta equivoca libertà assunta dalle donne negli ultimi secoli della res pubblica.
In seguito a tutti questi cambiamenti, anche l’ordinamento giuridico di Roma fu costretto a subire delle importanti modifiche consentendo alle donne di acquisire alcuni diritti che, fino a quel momento, erano stati loro negati.
L’istituto che registrò la trasformazione più profonda fu il matrimonio
che si affermò come il culmine di una relazione personale basata sull’affectio martalis, ossia sulla volontà reciproca dei coniugi di essere marito e moglie. Pian piano le separazioni presero ad aumentare vertiginosamente stimolate da una crisi di valori e dall’assenza di una procedura legale capace di ostacolarne in modo adeguato la proliferazione. Gli storici parlano di una vera e propria epidemia di divorzi tra i membri dell’aristocrazia, spesso, a dispetto della tradizione, voluti proprio dalle donne che, sicure della restituzione della loro dote, approfittavano sempre più frequentemente della possibilità di contrarre facilmente dei nuovi legami nuziali, anche senza che fosse necessario giustificarsi per aver voluto annullare i precedenti.
Tutto questo cominciò a cambiare quando Augusto riconoscendo troppa promiscuità, mancato rispetto dei ruoli di genere con la conseguente corruzione morale, una volta ottenuto il potere, Augusto si propose come il restauratore, impegnandosi a perseguire per via legale tutti gli illeciti di natura carnale. Era sua intenzione ristabilire l’ordine pubblico esaltando ed incentivando il tradizionale ruolo educativo della famiglia patriarcale, a discapito di ogni eros extraconiugale. Le domus dovevano tornare ad essere il centro costitutivo ed il cuore pulsante della società. Per contrastare, quindi,
qualsiasi pratica sessuale immorale e valorizzare il matrimonio nel suo fine procreativo, tra il 19 e il 16 a C, l’imperatore emanò diverse leggi.
Tutti i cittadini in età fertile
furono obbligati a sposarsi e, se vedovi, a risposarsi. Per incoraggiare le nascite, furono concessi dei vantaggi politici e civili ai genitori di una prole numerosa e fu, invece, duramente tassato il celibato. Vennero proibite le unioni legittime con prostitute, mezzane ed adultere, le qual, prive della piena dignità morale, furono relegate esclusivamente al ruolo di concubine. Più radicale ancora f la Lex Iulia de adulteriis et stupro la quale rese, per la prima volta, l’adulterio un crimine vale a dire un illecito penale pubblico. La volontà imperiale di risanare ad ogni costo le abitudine sessuali dei romani si concretizzò, poi, anche con la condanna penale dello stupro violento, promulgata principalmente pedr due motivi: la rinnovata necessità di preservare la pudicitia, la quale una volta viziata dall’onta del disonore avrebbe reso il corpo femminile corrotto ed inadatto al suo essenziale fine riproduttivo; il secondo invece puntava ad esaltare una morale razionalistica che puntasse a rendere i cives sempre più in grado di controllare i loro impulsi ed appetiti.
I risultati di questa epocale riforma si rivelarono fallimentari: nessuno a Roma accolse con favore la legge Giulia, che di fatto non venne quasi mai applicata. L’impopolarità della Lex fu dovuta anche al clima di paura di ritorsioni personali che condizionò e frenò gran parte delle denunce ed, infine, all’imbarazzante situazione personale vissuta dallo stesso Imperatore. Egli, infatti, conduceva una vita privata tutt’altro che irreprensibile, che non corrispondeva affatto ai precetti promossi dalle sue stesse direttive: secondo le madrelingue, aveva avuto dei rapporti omosessuali giovanili e, oltre ad aver spostare la sua terza consorte mentre era ancora incinta del suo primo marito, aveva un’unica figlia, Giulia, i cui comportamenti sessuali libertini erano il pettegolezzo preferito dell’intera città.
A pagare le spese di questa nuova legge augustea nell’autunno dell’8 dC, fu Ovidio, al culmine del successo, inaspettatamente, per ordine di Augusto, deve lasciare Roma e andare in esilio a Tomi, l’odierna Costanza. Ufficialmente il provvedimento veniva attribuito a ragioni di pubblica moralità contro il poeta che nelle sue opere, ma soprattutto nell’ ‘Ars amatoria’, si era fatto maestro di turpe adulterio.
Nell’intera produzione letteraria di Ovidio, il tema dell’approccio sessuale prepotente e violento fu estremamente ricorrente. Erano numerosi ed illustri gli esempi mitologici proposti dal poeta, il cui scopo era di dimostrare quanto lo stupro avesse sempre rappresentato una tecnica.

Meretrix in Love

In questo testo Gianfranca Balestra espone il suo punto di vista sul personaggio terenziano di Taide, protagonista dell'Eunuchus, se abbia commesso adulterio nei confronti di Fedria, suo amante. Ma partiamo dal raccontare cosa succede nell'opera di Terenzio. 

Taide è una cortigiana amata dal soldato Trasone e dal giovane Fedria, lei ricambia solo i sentimenti di quest'ultimo, e che tenta di liberare la schiava Panfila dal soldato. Alla fine ci riuscirà ma nella scena finale ci viene detto che la donna fa entrare in casa sua Trasone, e così facendo avrebbe tradito il ragazzo. L'autrice inanzitutto ribadisce che l'unico uomo a cui Taide ricambia l'affetto ricevuto è il giovane Fedria e che ormai si è lasciata con il soldato dopo che questi era partito per una spedizione militare. Infatti si comporta lealmente con il ragazzo e invece inganna e raggira Trasone. 
In realtà il soldato dentro casa di Taide è anche voluto da Fedria dato che gestisce gli affari della cortigiana e quindi ci sarebbe ritorno economico per quest'ultimo. 

L'autrice evidenzia sia un parallelismo dello scritto terenziano con l'opera di Nicholas Udall, dove però al posto della cortigiana c'è una vedova promessa sposa ad un signore, ma che ha come amante un giovane, sia che Taide nella cultura medioevale era vista come pessimo esempio da seguire e rappresentante dell'amore adulterino tanto che Dante nella Divina Commedia la colloca nell'Inferno, siccome l'opera era soppravvisuta grazie ad un commento di Cicerone nel Laielus de amicitia e nell'interpretazione del tempo si pensò che la cortigiana avesse commesso adulterio.




meretrix in love 
si tratta di una commedia di Terenzio con protagonista Taide,che sarebbe una prostituta/meretrice di Atene,una donna molto astuta,spigliata ed ingegnosa.
Taide peró vuole poter restituire Panfilia,una fanciulla,alla sua famiglia,perchè non voleva che facesse la sua fine con trasone,tra l’altro ex favorito di Taide stessa,esso ignoro della presenza di Fedria,cioè favorito attuale di Taide dato che era tornato da poco dalla battaglia come soldato.

L’autore si questo scritto ,dicesi Guastella,puntualizza la scena dove la meretrice parla di Fedria e del legame tra loro,e al quale rappresenta i motivi della richiesta particolare fatta da essa.
Panfilia è una ragazza libera che Taide vuole riportare alla famiglia dato che  è stata venduta a Trasone,cosi da ottenere favori per essa.La conclusione dalla commedia para del successo da parte di Taide che ottiene la ragazza rimettendo in sesto il legame con Fedria,tutto ciò contro il soldato Traspne che in fine viene riammesso anche lui in casa della prostituta solamente per essere deriso e ottenere denaro da lui.
Una cosa che viene risaltata da Terenzio è probabilmente il sentimento che si crea tra Taide e Fedria e inoltre il personaggio principale e molto problematico di Taide che per lavoro era considerata Mala Maretrix,(flagello del nostro tempo 79);per essa si affrontano molte conseguenze dato che si approfitta delle persone.
Taide inganna solamente un uomo, cioè Transone,per i suoi scopi perchè realmente è leale con Fedria che di fatto gestisce l’attività della sua amata e ne accetta le sue particolarità.
Nel testo di Guastella si inserisce una morale anche nella necessità drammatica e nei riferimenti della  divina commedia di Dante dove Taide viene messo nell’inferno.In altro scritti come l’eunuchus di Fedria il sentimento di Taide viene annullato.




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Oltre allo stuprum i romani usavano anche altri termini per indicare…
Da:Sara Granarelli
Oltre allo stuprum i romani usavano anche altri termini per indicare un aggressione sessuali vis. Nel 70 a.c ci fu il primo atto giuridico che considerava la vis come un crimine, l'ex lutatia, che puniva tutti coloro che mettevano in atto la violenza sessuali nei confronti di giovani uomini, matrone o di vergini. Le punizioni per i colpevoli variavano da pena di morte e castrazione, e anche se ottenevano il perdono dalla vittima venivano comunque puniti. Denotavano la volontà di classificare lo stupro come un attentato alla giustizia pubblica e non solo privata.
Plauntia de vi : i colpevoli potevano accettare l’esilio volontario.
Lex Iulia de vi : è lo statuto più importante emanato da Caio Giulio Cesare,condannava lo stupro per vim contro una qualunque persona nata libera.
Per la prima volta consentiva di esporre la denuncia direttamente dalla donna e non soltanto dall’uomo tutore.
Iniuria : implicava un’oltraggio inflitto non solo a livello fisico ma anche e soprattutto morale.
Lex aquilina : sanciva il dovere da parte del criminale di risarcire economicamente un dominus per i danni provocati alla sua proprietà.
Direttive sillane : ordinavano l’istituzione di una specifica quaestio a cui era affidato il compito di processare le lesioni personali e le offese arrecate al pudore di donne,fanciulle e cittadine di alto rango.
Furono istituite anche delle pene corporali,consistenti nella fustigazione,esilio e condanna ai lavori forzati.
In riferimento allo stupro, assume particolare rilievo un editto fondamentale intitolato Quod per vim aut metum abstulisset, il quale, pubblicato agli inizi del I secolo
a. C., si concentrava in modo particolare sull’aspetto intimidatorio delle
aggressioni. La vittima che avesse concesso al suo aguzzino qualcosa in
cambio dell’annullamento delle minacce di morte o di gravi danni alla sua
integrità fisica personale, sarebbe stata tutelata in base a tre
provvedimenti:
-l’in integrum restitutio ob metum,
-l’exceptio,
-l’actio quod metus causa
De adtemptata pudicitia , stabilì invece, intorno al 200 a. C., una salvaguardia completa dell’onorabilità sessuale delle donne sposate,vedove,oppure vergini,e dei ragazzi non ancora adulti.

Anche per evitare di essere avvicinate da malintenzionati pronti a compromettere la loro virtù, le donne per bene non uscivano mai sole per strada, ma erano sempre scortate da un comes, ossia da uno schiavo o da un rispettabile membro della famiglia. Quelle che non si dotavano di un accompagnatore fidato durante le passeggiate in pubblico erano molto malviste e rischiavano di essere scambiate per delle schiave o, peggio, per delle prostitute. In simili casi, se l’insistente corteggiatore fosse stato in grado di dimostrare che la preda aveva attirato incautamente la sua attenzione mostrandosi vestita ‘come una meretrice’ , sarebbe stato
punito con molta meno severità o,addirittura, assolto.
Negli ultimi secoli della res publica si diffuse un lieve processo di emancipazione femminile, pesantemente osteggiato dai conservatori , che affondava le sue radici
nella progressiva decadenza dell’austero ideale di famiglia patriarcale e nello sfaldamento del mos maiorum.
Per contrastare qualsiasi pratica sessuale e valorizzare il matrimonio nel suo fine procreativo tra il 19 e il 16 secolo l’imperatore emano diverse leggi :
-Prima Lex : tutti i cittadini in età fertile erano obbligati a sposarsi
-Adulterium : riferimento non solo al tradimento della d’idea coniugale ma anche qualunque condotta extramatrimoniale sconveniente tenuta da una donna sposata.
Nell’intera produzione letteraria di ovidio,tema approccio sessuale prepotente e violento ricorrente,intrecciato al concetto di amore e reso legittimo,il cui scopo era dimostrare quanto lo stupro avesse sempre rappresentato una tecnica.








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RUGGIERO1
Oltre allo stuprum i romani usavano anche altri termini per indicare un aggressione sessuali vis. Nel 70 a.c ci fu il primo atto giuridico che considerava la vis come un crimine, l'ex lutatia, che puniva tutti coloro che mettevano in atto la violenza sessuali nei confronti di giovani uomini, matrone o di vergini. Le punizioni per i colpevoli variavano da pena di morte e castrazione, e anche se ottenevano il perdono dalla vittima venivano comunque puniti. Denotavano la volontà di classificare lo stupro come un attentato alla giustizia pubblica e non solo privata.
Plauntia de vi : i colpevoli potevano accettare l’esilio volontario.
Lex Iulia de vi : è lo statuto più importante emanato da Caio Giulio Cesare,condannava lo stupro per vim contro una qualunque persona nata libera.
Per la prima volta consentiva di esporre la denuncia direttamente dalla donna e non soltanto dall’uomo tutore.
Iniuria : implicava un’oltraggio inflitto non solo a livello fisico ma anche e soprattutto morale.
Lex aquilina : sanciva il dovere da parte del criminale di risarcire economicamente un dominus per i danni provocati alla sua proprietà.
Direttive sillane : ordinavano l’istituzione di una specifica quaestio a cui era affidato il compito di processare le lesioni personali e le offese arrecate al pudore di donne,fanciulle e cittadine di alto rango.
Furono istituite anche delle pene corporali,consistenti nella fustigazione,esilio e condanna ai lavori forzati.
In riferimento allo stupro, assume particolare rilievo un editto fondamentale intitolato Quod per vim aut metum abstulisset, il quale, pubblicato agli inizi del I secolo
a. C., si concentrava in modo particolare sull’aspetto intimidatorio delle
aggressioni. La vittima che avesse concesso al suo aguzzino qualcosa in
cambio dell’annullamento delle minacce di morte o di gravi danni alla sua
integrità fisica personale, sarebbe stata tutelata in base a tre
provvedimenti:
-l’in integrum restitutio ob metum, 
-l’exceptio,
-l’actio quod metus causa
De adtemptata pudicitia , stabilì invece, intorno al 200 a. C., una salvaguardia completa dell’onorabilità sessuale delle donne sposate,vedove,oppure vergini,e dei ragazzi non ancora adulti.
Anche per evitare di essere avvicinate da malintenzionati pronti a compromettere la loro virtù, le donne per bene non uscivano mai sole per strada, ma erano sempre scortate da un comes, ossia da uno schiavo o da un rispettabile membro della famiglia. Quelle che non si dotavano di un accompagnatore fidato durante le passeggiate in pubblico erano molto malviste e rischiavano di essere scambiate per delle schiave o, peggio, per delle prostitute. In simili casi, se l’insistente corteggiatore fosse stato in grado di dimostrare che la preda aveva attirato incautamente la sua attenzione mostrandosi vestita ‘come una meretrice’ , sarebbe stato
punito con molta meno severità o,addirittura, assolto.
Negli ultimi secoli della res publica si diffuse un lieve processo di emancipazione femminile, pesantemente osteggiato dai conservatori , che affondava le sue radici
nella progressiva decadenza dell’austero ideale di famiglia patriarcale e nello sfaldamento del mos maiorum. 
Per contrastare qualsiasi pratica sessuale e valorizzare il matrimonio nel suo fine procreativo tra il 19 e il 16 secolo l’imperatore emano diverse leggi :
-Prima Lex : tutti i cittadini in età fertile erano obbligati a sposarsi
-Adulterium : riferimento non solo al tradimento della d’idea coniugale ma anche qualunque condotta extramatrimoniale sconveniente tenuta da una donna sposata.
Nell’intera produzione letteraria di ovidio,tema approccio sessuale prepotente e violento ricorrente,intrecciato al concetto di amore e reso legittimo,il cui scopo era dimostrare quanto lo stupro avesse sempre rappresentato una tecnica.
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NOA
Accanto al termine "stuprum" esistevano anche altre voci con cui i romani erano soliti identificare un’aggressione finalizzata al soddisfacimento della propria libidine, ed una di queste era "vis".
Il primo atto giuridico a considerare la vis come un crimine fu, nel 70 a. C., la "Lex Lutatia", che rese perseguibile «chiunque si macchiasse di violenza sessuale su una vergine.»
Le punizioni per i colpevoli potevano variare dalla pena di morte alla castrazione. Allo stesso periodo risale la "Lex Plautia", la quale aggiunse alla lista dei castighi la possibilità di accettare l’esilio volontario e introdusse l’inusucapibilità delle cose di cui ci si fosse impossessati con la violenza. Lo statuto più importante a proposito dell’argomento fu la "Lex Iulia",emanata durante il governo di Caio Giulio Cesare (circa nel 45 a. C.), questa legge, per la prima volta, consentiva anche che la denuncia fosse esposta direttamente da una donna e non soltanto dall’uomo legittimato ad esercitare la propria potestas su di essa.
L’esercizio di un simile diritto, però, era condizionato dal fatto che per essere prese in considerazione durante il processo, le vittime di sesso femminile fossero costrette a farsi rappresentare fisicamente in tribunale dai loro tutori.
A differenza dell’accusa di "vis", quella di iniuria implicava un oltraggio inflitto non solo a livello fisico ma anche e soprattutto morale: infatti, attraverso la violenza,l’insulto o la diffamazione, dall’aggressore veniva lesa in modo particolare la reputazione della vittima. I due decreti che si occupavano della repressione di questo delitto erano la "Lex Aquilia" e la "Lex Cornelia de iniuriis", promulgata da Silla nell’81 a. C.
La prima sanciva il dovere, da parte del criminale, di risarcire economicamente un dominus per i danni provocati alle sue proprietà.
Le seconda, invece, ordinava l’istituzione di una quaestio, a cui era affidato il compito di processare le lesioni personali e le offese arrecate al pudore di donne, fanciulli e cittadini di alto lignaggio.
Per i rei, accanto al risarcimento in denaro, a seconda della gravità dell’oltraggio, furono stabilite anche delle pene corporali, consistenti nella fustigazione, nella "deportatio in ìnsulam" (esilio in una località isolata che comportava la perdita dello status civitatis e dei beni, che venivano confiscati), nella "damnatio in opus publicum" (condanna ai lavori forzati da espiare presso opere di pubblico interesse) e persino nella pena di morte.
Per quanto riguarda la legislazione del pretore, in riferimento allo stupro, assume rilievo un editto intitolato "Quod per vim aut metum abstulisset", il quale si concentrava sull’aspetto intimidatorio delle aggressioni.
La vittima che avesse concesso al suo aguzzino qualcosa in cambio dell’annullamento delle minacce di morte o di gravi danni alla sua integrità fisica personale, sarebbe stata tutelata in base a tre provvedimenti: l’in "integrum restitutio ob metum", che avrebbe eliminato tutti gli effetti di un negozio giuridico conclusosi per mezzo della coercizione, l’"exceptio", che avrebbe impedito ogni reclamo da parte del colpevole sui crediti ottenuti grazie ad una transazione obbligata, e l’ "actio
quod metus causa", che, in caso di mancato risarcimento immediato, avrebbe comportato il pagamento della pena in quadruplum rispetto all’iniziale danno economico registrato.
Un secondo editto, "De adtemptata pudicitia"(200 a.C) , stabilì invece una salvaguardia completa dell’onorabilità sessuale delle donne sposate, vedove oppure vergini e dei ragazzi non ancora adulti. Grazie ad essa, non soltanto vennero perseguiti i molestatori che osavano toccare una donna contro la sua volontà, ma anche quelli che le indirizzavano degli epiteti offensivi o delle proposte indecenti. Per evitare di essere avvicinate da malintenzionati le donne non uscivano mai sole per strada, ma erano sempre scortate da uno schiavo o da
un membro della famiglia. Quelle che non avevano al loro fianco un accompagnatore erano
malviste e rischiavano di essere scambiate per delle schiave o per delle prostitute.
In simili casi, se il corteggiatore fosse stato in grado di dimostrare che la preda aveva attirato la sua attenzione mostrandosi vestita ‘come una meretrice’ , sarebbe stato punito con molta meno severità o, addirittura, assolto.

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