La soluzione, la dà lo stesso Umberto Eco nelle "Postille a Il nome della rosa":
«Bernardo varia sul tema dell'ubi sunt (da cui poi il mais où sont les neiges d'antan di François Villon) salvo che Bernardo aggiunge al topos corrente (i grandi di un tempo, le città famose, le belle principesse, tutto svanisce nel nulla) l'idea che di tutte queste cose scomparse ci rimangono puri nomi».
Quella di Eco è una spiegazione volutamente sintetica e alla fine si ha l'impressione di non aver capito bene il senso delle ultime parole di Adso.
La soluzione, ovviamente la troviamo anche su wikipedia, ma è una soluzione troppo dettagliata e tecnica e alla fine si ha l'impressione di non aver capito niente delle senso delle parole di Adso.
In questi casi la cosa migliore da fare è controllare la fonte. Pazienza se è in latino.
Nunc ubi Marius atque Fabricius, inscius auri?
Mors ubi nobilis et memorabilis actio Pauli?
Diva Philippica vox ubi coelica nunc Ciceronis?
Pax ubi civibus atque rebellibus ira Catonis? [950]
Nunc ubi Regulus aut ubi Romulus aut ubi Remus?
Stat Roma pristina nomine, nomina nuda tenemus.
Quam cito labilis atque volubilis orbita sphaerae;
Corda valentia, corpora fortia praeteriere.
Et breve floruit et cito corruit unda priorum, [951]
Gloria finiit, area transiit omnis eorum.
Cosa sappiamo: sappiamo che il verso è tratto dal De contemptu mundi di Bernardo di Cluny (XII secolo)(vedete sul manuale a p.7) un poema nel quale si voleva convincere i lettori ad abbandonare l'eccessivo amore per le cose terrene (amor mundi) per scegliere un ideale di vita ascetico. Ai vv. usa come argomento il topos dell'ubi sunt: ogni cosa terrena è destinata a perire: la gloria delle città, degli eroi e delle belle principesse è inevitabilmente destinata ad essere consumata dall'azione erosiva del Tempo. Bernardo dunque può chiedersi "dove è Mario, dove è Fabrizio incurante dell'oro, dove è la gloria di Cesare, dove è più l'oratoria di Cicerone, l'ira di Catone, dove Attilio Regolo, dove Romolo, dove Remo?" E conclude inaspettatamente: «Stat roma pristina nomine, nomina nuda tenemus ». Di tutto ciò non resta che il nome "La Roma, che era, ora esiste solo nel nome, noi possediamo soltanto nomi vuoti"
Oggi lasciamo stare il cambio Roma/rosa, che Eco spiega nella pagina precedente delle Postille (e che chiara Frugoni spiega ancora meglio in un suo articolo apparso sulla Repubblica del 23 novembre 2009.intitolato C'è un refuso sotto) e chiediamoci: Che cosa vuole dire Adso citando Bernardo di Cluny? che cosa significa il titolo del libro?
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Il senso della frase nel romanzo di Eco è tutto nel refuso per cui Roma, simbolo di eternità terrena, viene sostituito da rosa, simbolo della fragilità e caducità. Perciò: della rosa resta in breve solo il concetto primordiale (in senso platonico), della nostra esperienza terrena ci rimangono solo dei nomi, delle immagini.
RispondiEliminaCondivido l'interpretazione aggiungendo che " di un profumo abbiamo un ricordo che richiama una realta vissuta ,ma non possiamo darle un nome"
EliminaSto scrivendo un saggio su questo. Interessa anche me molto. Erminia Passannanti
RispondiEliminaInteressa anche a me.
RispondiEliminaResta la rosa nuda per dignità di nome, abbiamo solo cose nude cioè non vere.
RispondiEliminaLa rosa identifica l'universo femminino, i suoi petali morbidi e vellutati svelano la carnalità della donna, il desiderio proibito mai nominato, ma bramato che pervade lateralmente l'atmosfera del libro.
RispondiEliminaLa conoscenza, la cultura sono ambite, desiderate, sofferte e osteggiate al pari dell'appassionato, sconvolgente primo trasporto del giovane Adso verso la bella fanciulla di cui lui, con rimpianto in vecchiaia, ricorderà di non conoscerne il nome.
La Rosa 🌹 è la sorella di Eco che ode il richiamo della foresta oscura ma che fugge dalla materia femminina
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