C’è un ciclo di rilievi “di scuola antelamica” che al riguardo è esemplare, ed è quello che decora l’archivolto centrale del portale principale della Basilica di San Marco a Venezia. Le figure dei mesi, in particolare, sono meravigliose. Guardate Marzo, vestito a guerra e con i capelli al vento, o Febbraio, che si scalda al fuoco… La “scuola antelamica” produce qui una serie di rappresentazioni di livello eccelso, così belle da reggere il confronto con i migliori esiti della scultura romanica; ed è difficile dire in che cosa si differenziano, nella loro forma, queste figure, rispetto ai capitelli istoriati di Brioude o di Mozat. Eppure qualcosa manca, qualcosa se n’è andato via: dietro tutte queste sculture veneziane – e allo stesso modo dietro tutte le opere “di scuola antelamica” – non c’è più l’ansia della Fine e del nuovo Inizio che è la linfa vitale, l’energia prorompente, l’angoscia costante del tempo romanico. Un passo ancora, e nell’archivolto più esterno dello stesso portale, i “nuovi” scultori rappresenteranno i lavori tipici di Venezia: siamo già nel tempo che riprende a camminare, a contare sull’uomo, a credere nell’industriosità di un’intera città e nel progresso che viene.
Il film più bello del mondo è terminato. In sala c’è ancora pubblico che applaude, ma c’è già anche chi si avvia all’uscita, e al quotidiano riproporsi della vita. Che per bella che sia, non è profonda e magica come quella che ti aveva catturato, nella lunga pellicola del tempo romanico.
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