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Cluny

 “Dovendo la grazia della carità apostolica sovvenire alle richieste e bisogni di tutti i fedeli, molto di più la Madre Chiesa romana deve far condividere la sua clemenza nei confronti dei figli specialissimi che essa si compiace di avere. Fra questi, la congregazione cluniacense, pienamente impregnata del carisma divino, brilla come un altro sole sulla Terra ed è per questo che risulta particolarmente opportuno di attribuirgli la parola a suo tempo pronunciata da Dio: Voi siete la luce del Mondo”. Lettera di Papa Urbano II all'abate Ugo di Cluny   (9 gennaio 1097)


La fondazione e il documento di fondazione da Gentileschi.it


Fu probabilmente la posizione geografica della nuova abbazia a contribuire al suo straordinario sviluppo; compresa entro i confini del Regno di Francia stabiliti dal trattato di Verdun (843) Cluny era vicinissima alle città di Chalon, Tournus e di Macon situate lungo il fiume Saone importanti centri commerciali.
Cluny deve, inoltre, la sua importanza al suo documento di fondazione, modello unico di previdenza e politica; esso implicava almeno quattro decisioni capitali:

  1. Il nuovo monastero sarebbe dovuto essere retto dalla regola di San Benedetto.
  2. Una clausola speciale prevedeva che l'abbazia di Cluny sarebbe stata esente da qualsiasi tipo di soggezione temporale o spirituale che non fosse stata quella della sede romana. I monaci avevano quindi il potere e la libertà di eleggere come abate e come guida qualcuno del loro ordine (secondo la regola di San Benedetto); questo punto fu scrupolosamente osservato, a cominciare dal primo abate, Bernon che scelse tra i monaci stessi il suo successore;
  3. nel trattato era evidenziata, così, l'indipendenza politica della nuova fondazione ma si affermava allo stesso tempo la sua dipendenza alla Sede apostolica, che era simboleggiata da un tributo di 10 soldi che l'abate di Cluny avrebbe dovuto versare ogni cinque anni a Roma;
  4. altrettanto importante era l'obbligo dei monaci di dedicarsi alle opere quotidiane di misericordia verso i poveri, gli stranieri, i bisognosi e i viaggiatori; ciò non significava soltanto dare ospitalità ma implicava, a priori, tutte le forme di carità e di comprensione.

L'abbazia di Cluny fu fondata nel settembre del 910 dal Duca Guglielmo d'Aquitania, detto "il Pio"; il solenne atto di fondazione specificava che il Duca, "per amor di Dio", donava ai Santi Apostoli, Pietro e Paolo, la sua residenza di caccia di Cluny. 

L'edificio fu, ben presto, ingrandito e sistemato; l'abate Bernon intraprese la realizzazione di una prima chiesa, ancora piuttosto modesta (Cluny I) che fu consacrata nel 926.
L'abate Aymard ne fece iniziare una più grande e più bella, che fu continuata da Maiolo e consacrata nel 981 (Cluny II).

Urbano II consacra l'altare maggiore di Cluny III

Nel Medioevo un monastero era considerato grande quando aveva almeno 12 monaci. Dopo appena un secolo il monastero era ormai il centro di un'immensa congregazione, l'ordine cluniacense, e la chiesa si rivelò troppo piccola per accogliere i 250 monaci e i numerosissimi fedeli che quotidianamente seguivano le funzioni religiose. Sant'Ugo decise così di ricostruire integralmente la chiesa (Cluny III) per renderla degna della sua reputazione. I lavori iniziarono nel 1088 e proseguirono sino al 1095 quando Urbano II (che era stato un priore cluniacense), in occasione del viaggio in Francia dove si predicò la prima crociata, consacrò l'altare maggiore il 25 ottobre.

La nuova chiesa divenne la più vasta di tutta la cristianità; era lunga 187 m, la sua altezza era di 30 m. sotto volta, con i suoi quattro campanili maggiori e le due torri di facciata, la chiesa superava in bellezza e perfezione le più grandi chiese mete di pellegrinaggio come Saint-Sernin di Tolosa e la cattedrale di Compostela.




Sviluppo in pianta
  • l'antinavata aveva tre navate
  • la facciata era inquadrata da due torri, i Barabans
  • aveva cinque navate e due transetti: quello più grande con due absidi per ciascun braccio, mentre quello più piccolo con una absidiola per braccio
  • l'abside aveva cinque cappelle radiali
  • all'incrocio tra il grande transetto e la navata si elevava un tiburio di ben 40 m. di altezza
  • all'incrocio tra il grande transetto e la navata si elevava un tiburio di ben 40 m. di altezza
  • gli edifici all'interno della cinta erano il palazzo Giovanni di Borbone, il palazzo di Giacomo d'Amboise e le scuderie di Sant'Ugo
  • gli edifici monastici comprendevano il chiostro, i giardini, il deposito per il grano, le scuderie e i dormitori.


Oggi, Cluny è ridotta in rovina. L'antica osservanza di Cluny fu abolita nel 1787 e durante il periodo della Rivoluzione abbandonata. Negli anni tra il 1801 e il 1823, si attuò la distruzione dell'abbazia; i campanili furono fatti crollare con le dinamiti ed una strada fu aperta al centro della navata, molta delle case dell'attuale villaggio sono state fatte con i materiali della abbazia. Degli splendidi capitelli che ornavano il coro se ne conservano solo otto nella sala superiore del grande "farinier", il deposito del grano dell'abbazia.

Di questo insieme restano solamente:

  • le due torri Barabans, le cui parti superiori sono scomparse;
  • il muro sud dell'avanti-navata;
  • il braccio sud del grande transetto con il campanile dell'Acqua benedetta a nord e la torre dell'Orologio a sud;
  • la cappella di Giovanni di Borbone.
Resta quindi solo un decimo della chiesa originaria, che è però sufficiente per testimoniarne la grandezza e la nobiltà.

Un’economia basata sulla donazione


Il cuore del sistema cluniacense è costituito dalle terre donate ai monaci. Uomini provenienti da gruppi sociali dominanti, essi hanno lasciato le attività mondane per consacrarsi “all’opera di Dio” (opus Dei), vale a dire alla preghiera, al canto, alla lettura e alla scrittura. Le attività agricole o artigiane alle quale la regola di San Benedetto, nel VI secolo, attribuiva un valore penitenziale, costituiscono ormai, a partire dal IX secolo, appena una attività marginale.
I monaci sono diventati il perno di un sistema di scambi. Essi si fanno donare delle terre con gli uomini che le coltivano, diritti sui mulini, sui forni, sui corsi d’acqua, sulle strade, sui mercati. Queste entrate costituiscono la struttura di un circuito di ridistribuzione e di trasformazione.
Avendo rinunciato a due aspetti che caratterizzano la vita secolare, la riproduzione sessuale e la trasmissione ereditaria dei beni fondiari (fatti che si traducono nel voto di castità e di povertà), i monaci sono considerati come degli esseri a metà strada fra il genere umano e gli angeli. Essi incarnano l’ideale spirituale definito dai Padri della Chiesa, che consiste nell’allontanarsi progressivamente dalla “carne”, nella quale si nasce, per andare verso lo “spirito”.



Per saperne di più

Glauco Maria Cantarella, I monaci di Cluny, Torino, Einaudi, 1993
Agnès Gerhards, L’Abbaye de Cluny, Éditions Complexe, 1992
Raymond Oursel, Il segreto di Cluny, Milano, Jaca Book, 2001

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