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Visualizzazione dei post da 2012

Saba e De André

Analisi del testo poetico “Città vecchia” di U. Saba e confronto con l’omonima canzone di Fabrizio De André, dal blog http://poesiamusica.files.wordpress.com Il quartiere più antico e più malfamato di Trieste è popolato da personaggi umili e squallidi, “detrito di un gran porto di mare”, governati solo dai loro impulsi più infimi. Saba legge nei volti, nei gesti e nelle parole di questa gente ai margini del vivere borghese, la condizione profonda di tutta l’umanità, la fusione di vita e dolore insita in ogni creatura. La verità che in esse si manifesta è espressione del divino e l’autenticità della loro  bassezza purifica il pensiero poetico.  Il componimento presenta una struttura metrica articolata in 4 strofe. La più regolare è la prima, composta da  endecasillabi di stampo classico con rima incrociata, ma con assonanza tonica ai vv. 1e 4. La lunghezza dei versi sostiene la narrazione e sembra assecondare il lento e timoroso procedere del poeta mentre attraversa il quarti

Lezione 6 - Capire luna poesia: Dino Campana

“ero bello di tormento, inquieto pallido assetato errante dietro le larve del mistero. Poi fuggii.”  Quando si parla di lui e delle sue intricate poesie non si tralascia mai di dire che entrava e usciva del manicomio, il più delle volte senza permesso. Noi preferiamo ricordare che Campana aveva un irrefrenabile bisogno di fuggire e dedicarsi ad una vita errabonda già da piccolo e che non faceva mai una cosa sola alla volta. Se questo fosse l'effetto di un "male oscuro" è difficile dirlo. Di sicuro la reazione della famiglia e del paese, e poi dell'autorità pubblica, fu quella di considerare le stranezze di Campana come segni lampanti della sua pazzia. Ad ogni sua "fuga", che si realizzava con viaggi in paesi stranieri dove si dedicava ai mestieri più disparati per sostentarsi, seguiva, da parte della polizia (in conformità con il sistema psichiatrico di quei tempi e per le incertezze dei familiari), il ricovero in manicomio. E poi veniva visto con so

Tema no.2 2012-2013

1. Don Abbondio e Fra Cristoforo sono due uomini di Chiesa che, pur avendo la stessa missione, non potrebbero essere più antitetici. Analizza, facendo se necessario riferimento ad avvenimenti della loro vita privata, il rapporto che i due hanno con i deboli e con i potenti che li circondano. 2. Nella scorsa settimana gli studenti del Liceo Rinaldini sono stati protagonisti di azioni di protesta che sono culminate con la simbolica occupazione dell’edificio, ora è tempo di bilanci: spiega che cosa è accaduto, come tu hai vissuto questi giorni fuori dall’ordinario e quali risultati, a livello generale e personale, sono stati ottenuti.

lezione 5 - Sulla fisicità delle parole

La poesia è un paio d'occhiali "Questo è il mio modo di sentire le cose, non è una verità, ma è un modo di sentire le cose: io le sento, le cose, in tal modo. Io non vi dico che sia tale la verità, ma sento così: sento che a un certo momento – e tutta la mia poesia è un modo platonico di sentire le cose, ed essa ha del resto due maestri nel campo dello spirito, da una parte Platone e i Platonici, e dall’altra Bergson: sono i due maestri che mi hanno sempre accompagnato quando io ho dovuto pensare. Insomma come diceva Platone noi non conosciamo le idee, noi abbiamo reminiscenze, ricordi, echi di idee.(pagina 560 –561)." FINALE Più non muggisce, non sussurra il mare, Il mare. Senza i sogni, incolore campo è il mare, Il mare. Fa pietà anche il mare, Il mare. Muovono nuvole irriflesse il mare, Il mare. Ai fumi tristi cedé il letto il mare, Il mare. Morto è anche lui, vedi, il mare, Il mare. La raccolta, pubblicata nel 1950, raccoglie tutti i frammenti spar
http://www.gaudio.org/lezioni/letteratura_italiana/manzoni/manzoni.htm TESTO http://www.atuttascuola.it/manzoni/i_promessi_sposi4.htm http://www.gaudio.org/lezioni/letteratura_italiana/manzoni/manzoni.htm --------------- MP3 WMA http://www.atuttascuola.it/manzoni/i_promessi_sposi.htm http://www.libroaudio.it/libri-audio/i-promessi-sposi/ http://www.liberliber.it/mediateca/audiolibri/m/manzoni/i_promessi_sposi/mp3/manzoni_i_promes_sil_06_cap04.mp3
"Così egli operò e creò, come mai nessun altro mortale prima e dopo di lui, e come operatore e creatore Cesare vive ancora, dopo tanti secoli, nel pensiero delle nazioni, il primo e veramente unico imperatore" (Th. Mommsen , Storia di Roma antica - Libro V - Cap. XI ) 26 settembre 2012 Il 16 marzo Durante la notte Lepido,  magister equitum , ossia comandante della cavalleria, venuto a conoscenza di quanto era avvenuto occupò il Foro con i soldati e all'alba parlò al popolo contro gli assassini, che rimanevano rinchiusi sul Campidoglio. Il console Marco Antonio, che era per poco sfuggito alla morte e aveva trascorso la notte travestito da schiavo, saputo che Lepido aveva preso il controllo della situazione, convocò il Senato nel tempio della dea  Tellus . Alla riunione partecipò anche Cicerone, la cui presenza durante l'assassinio è invece molto dubbia. Si dice che non fosse stato nemmeno informato dai congiurati perché ritenuto non molto affidabile. L

Cesare

prove di triumvirato Battaglia ad Alesia Catone l'Uticense Le idi di marzo

La prigionia di Ugolino

Nella Nuova cronaca di Giovanni Villani, grande storico fiorentino contemporaneo di Dante Alighieri, diverse rubriche sono dedicate al tradimento e alla punizione del Conte Ugolino ve ne propongo un paio: CXXI, « Negli anni di Cristo MCCLXXXVIII, del mese di luglio, essendo criata in Pisa grande divisione e sette per cagione della signoria, che dell’una era capo il giudice Nino di Gallura di Visconti con certi Guelfi e l’altro era il conte Ugolino de’ Gherardeschi coll’altra parte de’ Guelfi, e l’altro era l’arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini co’ Lanfranchi, e Gualandi, e Sismondi, con altre case ghibelline, il detto conte Ugolino per essere signore s’accostò coll’arcivescovo e sua parte, e tradì il giudice Nino, non guardando che fosse suo nipote figliuolo della figliuola, e ordinarono che fosse cacciato di Pisa co’ suoi seguaci, o preso in persona ». […] CXXVIII « Di questa crudeltà furono i Pisani per lo universo mondo, ove si seppe, forte biasimati, non tanto per lo conte,

Boccaccio Vs Pasolini

"Io ho ritagliato un Boccaccio mio, particolare. Il mio Boccaccio infinitamente più popolare del Boccaccio reale. Il Boccaccio reale è popolare in un senso molto più vasto di questa parola: la borghesia veniva lecitamente compresa nel popolare, allora le istituzioni erano ancora feudali, erano ancora aristocratiche. Il potere era ancora un potere, o metafisico nel Papa, o insomma era comunque un potere sacro. Dunque, la borghesia, in qualche modo, era estremamente più vicina al popolo. Quindi, l'opera del Boccaccio si può definire popolare. In questo momento, ho dovuto ritagliare ciò che di tipicamente borghese c'era in Boccaccio, e propendere verso la parte, concretamente, veramente, esistenzialmente popolare. Quindi ho ritrovato quella gioia (che nel Boccaccio è giustificata ottimisticamente dal fatto che lui viveva la nascita meravigliosa della borghesia) e l'ho, diciamo così, sostituita con quella innocente gioia popolare, in un mondo che è ai limiti della storia,

Nientècomesembra n.8