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Controriforma

La vasta azione svolta dalla Chiesa cattolica nel 16° sec. e in parte del 17° per restaurare una più intensa, viva, sincera e disciplinata vita religiosa, realizzando quella «riforma nel capo e nelle membra», già discussa nei concili del 15° sec. e resa ancor più urgente dal dilagare della Riforma protestante nel 16° sec. (da treccani.it).

RELIGIONE


La C. operò nel campo del dogma e in quello della disciplina ecclesiastica. Sul terreno dogmatico, l’opera della C. si concentra particolarmente nellattività del Concilio di Trento (1545-63) volta a fissare il dogma cattolico nei punti in cui il protestantesimo aveva rinnegato principi tradizionali, o interpretato in modo nuovo la Sacra Scrittura e i Padri della Chiesa. In particolare il Concilio di Trento fissò il dogma del peccato originale e quello della giustificazione per la fede e per le opere, condannando il principio luterano della giustificazione per la sola fede, indipendentemente dalle opere, e affermando il valore del libero arbitrio persistente anche dopo il peccato originale. 
Anche nel campo della riforma disciplinare il concilio svolse opera essenziale, dando norme per la scelta e l’azione dei cardinali e dei vescovi e condannando il nepotismo

Ai papi si affiancarono ecclesiastici eminenti come s. Carlo Borromeo, s. Alessandro Sauli, i beati Paolo Burali d’Arezzo e Giovanni Giovenale Ancina, il cardinale Gabriele Paleotti e altri. Grandi artefici dell’intera opera riformatrice furono i nuovi ordini religiosi, principalmente la Compagnia di Gesù.
A questa fioritura di nuovi ordini religiosi si accompagnò la riforma degli antichi: sorsero così i cappuccini, i carmelitani scalzi, i romitani scalzi di s. Agostino. Nel complesso con la Controriforma, i diritti della gerarchia diedero luogo a un’organizzazione sempre più forte e disciplinata; il primato papale affermò con sempre maggiore fermezza i suoi attributi.

Caratteristica della religiosità della C. fu, nel campo morale, una maggiore benignità, un senso più vivo e una valutazione più estesa di tutte le condizioni psicologiche degli atti umani. Lo spirito di mortificazione della carne rimase parte essenziale della pietà cattolica, ma scomparvero o si attenuarono certe forme di aspra e pubblica penitenza. Aumentò anche grandemente la cura per il miglioramento del costume degli ecclesiastici, l’attività sociale e benefica del clero: l’importanza del sacerdozio, che era stato elemento vitale sin dagli inizi della Chiesa cattolica, ne risultò ancora accresciuta, anche se qualche laico assurse a figura di primo rango nella vita della Chiesa, così come molti ecclesiastici i quali ebbero in essa un’importanza senza alcun rapporto con la loro posizione gerarchica.
La C. lottò contro l’eresia, non soltanto attraverso un’opera polemica in difesa dei principi cattolici, ma soffocando con mezzi repressivi ogni focolaio di eresia nei paesi cattolici. Quest’opera fu in particolare modo affidata all’Inquisizione. Connessa all’operato di questa, fu l’attività di prevenzione, che si esplicò soprattutto nel campo librario con la censura preventiva (sottoposizione all’imprimatur) e repressiva (istituzione dell’Indice dei libri proibiti).
A tutte le attività in cui si concretizzò la C. va aggiunta quella politica e militare, che la Chiesa non poté realizzare da sola, ma che non cessò fin dall’inizio di raccomandare agli Stati, incoraggiando le imprese volte a vincere sui campi di battaglia gli eretici e a sgominarne le coalizioni. 

Influsso sull'arte (vedi wikipedia in Arte della Controriforma)

Nel decreto De invocatione, veneratione et reliquis sanctorum et sacris imaginibus  la Chiesa romana introduce il controllo delle opere da parte delle autorità religiose locali. Le opere devono essere vagliate con attenzione e in esse vi deve essere chiarezza, verità, aderenza alle scritture. La piena leggibilità, il decoro, devono essere caratteristiche imprescindibili; le deformazioni, i lussi e i viluppi e le disinvolture del Manierismo sono condannati senza appello. Ma il decreto non pone delle regole ferree, non mette confini espliciti, si affida al controllo delle gerarchie locali
Nascono dei trattati che tentano di codificare queste norme: le Instructiones fabricae et suppellectilis ecclesiasticae (1577) di Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, è uno dei più importanti. I realtà, più che le indicazioni venute da terzi, in molti casi inesperti delle cose artistiche, è il clima stesso che influenza gli artisti. Il Sacco di Roma per esempio, vissuto come una punizione divina, aveva già spinto molti pittori vesro una maggiore sobrietà
I grandi artisti sono immuni da influenze esterne, ma solo finché sono in attività. Lo spirito bigotto della Controriforma non risparmiò nemmeno il Giudizio Universale di Michelangelo. Dipinto tra il 1536 e il 1541 il Giudizio Universale della Sistina rappresentava in pieno il profondo sentimento religioso di Michelangelo: 400 figure in pose diverse sono accomunate dalla nudità, l'immenso dramma universale che esprime è messo in luce dalla semplicità dell'impianto, dalla mancanza di costruzioni retoriche, dalla nudità stessa. L'affresco, pregno di citazioni letterarie e figurative, venne poco compreso. Un documento conciliare del 21 gennaio 1564 decreta che «le pitture nella cappella apostolica vengano coperte, nelle altre chiese vengano invece distrutte qualora mostrino qualcosa di osceno o di patentemente falso.» A nemmeno un anno dalla morte del maestro uno dei suoi seguaci, Daniele da Volterra, viene incaricato di velare con delle braghe a secco le vergogne dei personaggi del Giudizio e di rifare a fresco la figura scabrosa di San Biagio, accovacciato impudicamente su Santa Caterina d'Alessandria. Da allora il pittore venne ricordato con l'epiteto di "Braghettone". Solo nel grande restauro del 1994 le censure vennero asportate.

L'influsso sulla musica

Il Concilio ebbe un notevole influsso anche sulla musica, nella fattispecie sul Canto gregoriano. Si cercò infatti di riportarlo alla purezza originale, eliminando ogni artificio aggiunto nel corso dei secoli. Vennero così aboliti i tropi e quasi tutte le sequenze; venne inoltre eliminata ogni traccia di musica profana, come ogni cantus firmus non ricavato dal gregoriano. Anche qui da segnalare l'eccezione (come per il resto della liturgia) per il canto ambrosiano, nell'arcidiocesi di Milano.

Si affidò infine a Giovanni Pierluigi da Palestrina e a Annibale Zoilo il compito di redigere una nuova edizione della musica liturgica che rispettasse le decisioni del Concilio. Tuttavia la musica che accompagnava le cerimonie religiose non fu mai limitata al solo gregoriano o ambrosiano. Molti tra i maggiori compositori come Monteverdi, Händel, Bach, Vivaldi, Charpentier, Cherubini, Haydn, Mozart, Verdi,Rossini scrissero messe, vespri, salmi, inni e altro, nello stile della propria epoca, e tutti questi vennero eseguiti regolarmente sia come musica liturgica sia in forma di semplice concerto.

Il Concilio di Trento: documenti, atti e commenti


L’Istoria del concilio di Trento
Paolo Sarpi

di Sara Meldolesi

 

CONTESTO STORICO POLITICO: La Chiesa già da molto tempo stava vivendo momenti di riflessione e istanze di rinnovamento, poiché ormai il papato si era  allontanato dalla sua funzione spirituale per la quale era nato, era infatti diventato una potenza politica europea. Tra i secoli XVI e XVII si affermarono in Europa gli Stati Nazionali così come oggi li conosciamo: ad eccezione di Germania e Italia, il resto d'Europa aveva già conosciuto un processo di unificazione e accentramento politico e amministrativo che progressivamente modificava l’organizzazione del vecchio continente. Tra ‘500 e ‘600 l'idea tradizionale dei poteri universali (Impero e Papato) scomparve definitivamente e si affermò quella che ogni singolo Stato godesse di una giurisdizione autonoma pienamente legittima. Le potenze sullo scacchiere italiano e europeo furono in questo periodo Francia e Spagna, quest’ultima sul piano culturale, religioso e politico si presentava come un baluardo del cattolicesimo, impegnato a contrastare l’avanzata della riforma protestante nel continente e ad imporre una rigida ortodossia cattolica.

 

LA RIFORMA PROTESTANTE: Lutero pensò di riformare la Chiesa attraverso anche:

• Abbattendo il potere ecclesiastico (attraverso il sacerdozio universale).

• Togliere al papa l’esclusività della esegesi biblica partendo dal concetto che ognuno di noi può raggiungere la verità solo se illuminato dallo spirito.

• Togliere alla Chiesa la facoltà di convocare i concili per darla in esclusiva all’autorità civile.

• Negazione dell'infallibilità papale;

 

IL CONCILIO DI TRENTO E LA CONTRORIFORMA

Nel 1545 papa Paolo III convocò a Trento un concilio, che si proponeva di:

• riunificare cattolici e protestanti;

• affermare la validità della dottrina cattolica contro le tesi protestanti.

I protestanti però non vollero partecipare al Concilio: riprese allora il conflitto fra i principi tedeschi. La guerra terminò nel 1555 con la pace di Augusta: Carlo V stabilì che i principi erano liberi di scegliere fra la religione cattolica o quella protestante e i loro sudditi avrebbero dovuto adattarsi alla scelta del proprio principe Durante il concilio di Trento, che durò fino al 1563, venne riconfermata la validità della dottrina cattolica e il primato del papa sui vescovi. Inoltre fu reso più forte il tribunale dell’Inquisizione, creato nel Medioevo. Venne poi istituito l’Indice dei libri proibiti, per individuare e distruggere le opere di stampa contrarie alla dottrina cattolica.

 

In questo contesto maturò la vita e l ‘opera di Paolo Sarpi

 

BIOGRAFIA: teologo, scienziato e storico veneziano (1552-1623). Sarpi, utilizzando gli archivi veneziani e documenti privati, ricostruisce le cause e le vicende del concilio nel periodo tra il 1523 e il 1563 e ne descrive l’esito. Nella sua opera Sarpi denuncia la natura politica dell’istituzione ecclesiastica e racconta la storia del suo consolidarsi come apparato di potere.

Paolo Sarpi, rimasto orfano di padre da piccolo, fu cresciuto dalla madre e dallo zio materno. All’età di quattordici anni entrò nell’ordine dei serviti e a venti divenne il teologo di corte del duca di Mantova.

A Mantova ebbe modo di studiare il greco, l’ebraico, la matematica, l’anatomia e la biologia.

Nel 1585 venne eletto procuratore generale dell’ordine, carica che gli permise di entrare in contatto con importanti ecclesiastici tra i quali il cardinale Roberto Bellarmino.

Nel 1589, scaduto il mandato di procuratore dell’ordine, fece ritorno a Venezia, dove conobbe Giordano Bruno, mentre a Padova entrò in contatto con Galileo, che lo stimava molto come matematico.

Fu denunciato due volte all’Inquisizione e scomunicato nel 1607. Subì due attentati, in entrambi venne provata la partecipazione di ecclesiastici.

Negli anni successivi Sarpi fu in contatto epistolare con religiosi e intellettuali francesi, inglesi e tedeschi. Il suo intento era di creare un’alleanza tra Venezia, Francia, Inghilterra, Olanda, principi protestanti e cantoni calvinisti svizzeri, che si opponesse al papa e all’imperatore.

Tra il 1610 e il 1618 scrisse la «Storia del Concilio di Trento», pubblicata a Londra nel 1619 con lo pseudonimo di Pietro Soave Polano. Il libro, subito inserito nell’Indice dei libri proibiti, ebbe immediatamente numerose ristampe e fu tradotto in cinque lingue.

La vicenda dell’interdetto del papa contro Venezia.

Sarpi sostenne la Repubblica di Venezia nella controversia giurisdizionale che oppose Venezia alla curia romana nel 1604-1607.

Venezia con la sua popolazione cosmopolita aveva per lungo tempo seguito una politica religiosa liberale, resistendo a qualsiasi intrusione della curia romana nei suoi affari interni.

Nel 1606 Paolo V ordinò a Venezia di abrogare una legge che stabiliva restrizioni all’edificazione di edifici ecclesiastici e di affidare alla curia due preti, uno dei quali accusato di stupri e omicidio, che il governo veneziano intendeva processare davanti a una corte civile. Quando Venezia non obbedì, il papa scomunicò il senato e il doge e pose la repubblica sotto un interdetto, il quale proibiva di officiare i sacramenti a tutti gli ecclesiastici della città.

Sarpi, nominato consigliere del governo dal doge, insieme ad altri teologi e giuristi, scrisse numerosi testi in difesa di Venezia. In questi scritti egli dichiarava che il papa era infallibile solo in materia di fede, ricordava che «i principi ricevono la loro autorità da Dio e sono responsabili solamente di fronte a lui per il governo del loro popolo», faceva presente che era interesse della città che si ponesse un limite alla costruzione di chiese in una città piccola come Venezia, anche perché le proprietà della Chiesa, già estese, non pagavano tasse allo stato, e, a proposito dei processi ai due ecclesiastici, sosteneva che, se la Chiesa aveva diritto di processare i preti per delitti commessi come preti, per delitti come l’omicidio e l’adulterio dovevano essere responsabili i tribunali dello stato. Sarpi concludeva che i veneziani non erano obbligati a rispettare l’interdetto, «che – disse – era finito in fumo», e il suo consiglio fu seguito. Il conflitto si risolse con un compromesso per l’intervento di un cardinale francese.

I testi scritti da Sarpi furono poi raccolti nell’Istoria dell’Interdetto, che ricostruiva le vicende del conflitto e fu pubblicata postuma nel 1624.

 

L’Istoria del concilio di Trento Sarpi, utilizzando gli archivi veneziani e documenti privati, ricostruisce le cause e le vicende del concilio nel periodo tra il 1523 e il 1563 e ne descrive l’esito. Nel breve proemio Sarpi, dopo aver esposto l’argomento dell’opera e le fonti alle quali ha attinto per scriverla, afferma che il Concilio è giunto a conclusioni opposte a quelle per le quali era stato convocato. Sarpi critica aspramente i risultati del Concilio che ha reso definitivo lo scisma tra cattolici e protestanti e ha rafforzato l’assolutismo della curia di Roma.

L’Istoria del Concilio è un’opera di parte in cui Sarpi denuncia la natura politica dell’istituzione ecclesiastica e racconta la storia del suo consolidarsi come apparato di potere.

In realtà, l’Istoria – pur con la sua netta e radicale prospettiva interpretativa antiromana degli eventi ecclesiali (l’unico prelato “riformista” a lui caro, il cardinale Giambattista Castagna divenne papa Urbano VII per soli 12 giorni dal 15 al 27 settembre 1590) – risulta preziosa per le fonti a cui lo storico attinse: le testimonianze dirette e documentarie dei Padri conciliari, gli archivi di famiglie patrizie e della cancelleria della Serenissima, le attestazioni di amici francesi e inglesi, la bibliografia già prodotta. Il suo angolo di visuale è, comunque, chiaro: il Concilio doveva essere uno strumento politico col quale il papato riprendeva in mano, dopo la bufera della Riforma protestante, le redini del potere ecclesiale e si collocava con un nuovo profilo sullo scacchiere dei vari governi europei. Proprio per questo le discussioni teologiche di grande impatto per la vita pastorale successiva della Chiesa non vengono da Sarpi approfondite ma filtrate attraverso la lente di un’analisi costantemente destinata a inseguire e a colpire le velleità assolutistiche dei papi.

È scontato, allora, che l’opera dovette essere pubblicata nel maggio 1619 a Londra con lo pseudonimo “Pietro Soave Polano”, anagramma di “Paolo Sarpi Veneto” e che il successivo novembre dello stesso anno essa cadde subito sotto la mannaia dell’Indice. Ma ormai l’Istoria, con la seconda edizione a Ginevra del 1629, aveva iniziato il suo itinerario di diffusione attraverso le versioni in latino, in francese, in tedesco e in inglese. L’impostazione a tesi rende certamente lo scritto unilaterale, così come non mancano le inesattezze e le parzialità. Tuttavia, oltre al rilievo della documentazione, è significativo l’approccio contestuale e la narrazione parte nientemeno che dal 1500, con l’avvio del secolo, senza ignorare il rimando ai concili del passato di cui il Tridentino è il XIX, e approda al marzo 1565. Importante è anche l’approccio internazionale così che assistiamo alla sfilata non solo dei papi e dei vari cardinali, legati papali e vescovi ma anche a quella dei sovrani (c’è persino Enrico VIII col suo divorzio da Caterina d’Aragona), dei grandi riformatori come Lutero e Zwingli, delle diete assembleari decisive come quella di Norimberga, Augusta e Smalcalda e la registrazione di molteplici intrecci politico-religiosi.

 

 

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