Uno giovane gentile, figliuolo di messer Cavalcante Cavalcanti, nobile
cavaliere, chiamato Guido, cortese e ardito ma sdegnoso e solitario e intento
allo studio, nimico di messer Corso, avea più volte diliberato offenderlo.
Messer Corso forte lo temea, perché lo conoscea di grande animo; e cercò
d’assassinarlo, andando Guido in pellegrinaggio a San Iacopo; e non li venne
fatto. Per che, tornato a Firenze e sentendolo, inanimò molti giovani contro a
lui, i quali li promisono esser in suo aiuto. E essendo un dì a cavallo con
alcuni da casa i Cerchi, con uno dardo in mano, spronò il cavallo contro a
messer Corso, credendosi esser seguìto da’ Cerchi, per farli trascorrere nella
briga: e trascorrendo il cavallo, lanciò il dardo, il quale andò in vano. Era
quivi, con messer Corso, Simone suo figliuolo, forte e ardito giovane, e
Cecchino de’ Bardi, e molti altri, con le spade; e corsogli dietro: ma non lo
giugnendo, li gittarono de’ sassi; e dalle finestre gliene furono gittati, per
modo fu ferito nella mano.
Cominciò per questo l’odio a multiplicare. E messer Corso molto sparlava di
messer Vieri, chiamandolo l’asino di Porta, perché era uomo bellissimo, ma di
poca malizia, né di bel parlare; e però spesso dicea: “Ha raghiato oggi l’asino
di Porta?”; e molto lo spregiava. E chiamava Guido, Cavicchia. E così
rapportavano i giullari, e spezialmente uno si chiamava Scampolino, che
rapportava molto peggio non si diceva, perché i Cerchi si movessero a briga co’
Donati. I Cerchi non si moveano, ma minacciavano con l’amistà de’ Pisani e delli
Aretini. I Donati ne temeano, e diceano che i Cerchi aveano fatta lega co’
Ghibellini di Toscana: e tanto l’infamarono, che venne a orecchi del Papa.
Il Pontefice, insospettito de’ Cerchi, come d’amici a’ Ghibellini, manda a
Firenze un Cardinale a paciaro. Sua mala riuscita. Confino de’principali delle
due parti (1300,... - giugno...).
Sedea in quel tempo nella sedia
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