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Visualizzazione dei post da settembre, 2015

Lezione IV: Primi testi in volgare

Tra latino e italiano: i primi documenti in volgare (da  Luzappy.eu e altri) La frantumazione politica dell’Impero romano non distrusse la cultura lati­na, intesa qui come lingua quotidiana; aggiunse invece elementi nuovi, per trasformare sempre più, nonostante la volontà frenante della scuola e dei grammatici, il sistema linguistico. Anche i Longobardi furono veicolo di novità, fin quando nel 774 Carlo Magno li sconfisse, per poi rifondare l’impero, volendo ricom­porre l’unità politica, religiosa, culturale (e, perciò, linguistica). Ma una lingua non si impone; il popolo, disperso nelle campagne dei feudatari o accolto nelle corti, continuò a sentire sempre più incomprensibile il latino, che proprio per la riforma carolingia, diventava «altra lingua» rispetto a quella parlata dalle masse ed ormai era soltanto la lingua ufficiale della Chiesa e del Palazzo imperiale.  Il Concilio di Tours (813) prese coscienza della diversità della lingua del popolo, quando raccomandò ai vescov

Esercitazione: Analisi di testi allegorici

Ugo di San Vittore 1096-1141 De tribus diebus , cap. IV (trad. di S. Vanni Rovighi, Marzorati, Milano 1973) All’inizio della sua opera  De tribus diebus , Ugo di S. Vittore sviluppa un breve trattato di teologia naturale, sostenendo che le creature mostrano un rimando al loro Creatore mediante il loro appello estetico, che si riconosce in quattro modi: nella posizione, nel movimento, nell’aspetto e nella qualità. Riportiamo un brano che si riferisce alla discussione del primo modo, quello della bellezza manifestata nella disposizione delle cose. Lo stile di Ugo di s. Vittore precorre quello delle argomentazioni che si svilupperanno in epoca moderna, nell’apologetica del Seicento e del Settecento, e paiono in qualche modo esserne stata una delle fonti di ispirazione. E ancora: «  Mi hai allietato con le tue creature ed esulto guardando l'opera delle tue mani. Quanto sono magnifiche le tue opere, Signore! E come sono troppo profondi i tuoi pensieri! L'insipiente non

Lezione III - L'occhio allegorico

Leggendo Adalberone ci siamo accorti che nel Medioevo era diffusa una mentalità che preferiva giustificare il mondo più che a spiegarlo. Adalberone è pienamente consapevole delle "inuguaglianze" e delle ingiustizie del mondo, ma le accetta senza battere ciglio. Non abbiamo rilevato un desiderio di progresso, anzi il Progresso era considerato un disvalore, perché metteva in crisi una stabilità che si riteneva impostata da Dio. Questa impostazione culturale si è frutto di una mentalità dogmatica: poiché la creazione e quindi la condizione dell'uomo derivano da Dio esse non possono che essere giuste. Soltanto sapendo guardare al di là della superficie delle cose si può capire la volontà divina. La visione magico-allegorica del mondo o, per dirla con una definizione di Ezio Raimondi l'Occhio allegorico, è la conseguenza di questa mentalità e della visione cristiana. I testi fondamentali per capire l'Occhio allegorico sono: Le interpretazioni allegoriche delle Sa

Lezione II - La società immobile

I seguenti versi sono tratti da un poema di 434 esametri latini che il vescovo di Laon Adalberone  inviò a Re Roberto II di Francia nel 1025, in occasione della sua elezione al trono. Hermann Grosser spiega che: "nel testo va anzitutto notata la coesistenza di due enunciazioni contrastanti: l'eguaglianza di tutti gli uomini e, nel contempo, le loro differenze.  Le quali sono di due tipi: anzitutto una differenza di condizione fra servo e signore e poi  una differenza di ordine : coloro che pregano (oratores), coloro che combattono (bellatores), coloro che faticano (laboratores).  L'autore non spiega come possa sussistere questo contrasto, che però è modellato sulla coesistenza di una e di tre persone in Dio, cioè sul dogma della Trinità: l'origine religiosa, sacrale dell'immagine trinitaria lo esime da ogni spiegazione.  E d'altra parte modellare la società secondo uno schema teologico - la Trinità appunto - è per lui e per tanti altri teorici medievali la

Lezione I: Eccellenza, io vi domando...(da La città delle frottole - delle fonti e della storiografia)

la città delle frottole - delle fonti e della storiografia: Eccellenza, io vi domando... : Oggi leggeremo qualche rubrica del Breviarium Ecclesiae Ravennatis (Codice Bavaro), secoli VII-X. Il cosiddetto Codice Bavaro, ravennate, ma conservato presso la Bayerische Staatsbibliothek di Monaco di Baviera, e accessibile ai curiosi di tutto il mondo in  versione digitale , è una delle fonti più importanti per lo studio della nostra storia nell'Alto Medioevo.... [ per saperne di più ] [ stampa la versione cartacea ]

Cosa vuol dire: "Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus"

La soluzione, la dà lo stesso Umberto Eco nelle "Postille a Il nome della rosa ": «Bernardo varia sul tema dell' ubi sunt (da cui poi il mais où sont les neiges d'antan di François Villon ) salvo che Bernardo aggiunge al topos corrente (i grandi di un tempo, le città famose, le belle principesse, tutto svanisce nel nulla) l'idea che di tutte queste cose scomparse ci rimangono puri nomi». Quella di Eco è una spiegazione volutamente sintetica e alla fine si ha l'impressione di non aver capito bene il senso delle ultime parole di Adso. La soluzione, ovviamente la troviamo anche su wikipedia , ma è una soluzione troppo dettagliata e tecnica e alla fine si ha l'impressione di non aver capito niente delle senso delle parole di Adso. In questi casi la cosa migliore da fare è controllare la fonte. Pazienza se è in latino. Caesar et nudus es et prope nullus es; O ferus ille! Nunc ubi Marius atque Fabricius, inscius auri? Mors ubi nobilis et mem

Homo sum, humani nihil a me alienum puto

Publio Terenzio Afro fu un commediografo,  e fu il primo scrittore latino proveniente dall’Africa,  da Cartagine, come si ricava anche dal cognomen   Afro, che è un antico nome servile. Infatti, secondo la biografia di Svetonio nel De Poetis , riportata da Elio Donato nel IV sec. d.C., all’inizio del commento alle commedie terenziane, Terenzio venne a Roma come schiavo del senatore Terenzio Lucano, che gli diede il suo nomen e presto lo affrancò, cioè lo liberò, notandone l’ingegno e le capacità artistiche. La data di nascita di Terenzio è fissata dalla biografia svetoniana al 185 a. C., ma è probabilmente da spostare a qualche anno indietro, attorno al 190, perché se la data della morte è quella del 160/159, quando il commediografo aveva ancora 25 anni, e la prima commedia è del 166 a. C., allora si dovrebbe pensare che la sua carriera sarebbe cominciata a 19 anni e il suo ingegno e le sue capacità artistiche, notate da Lucano, Terenzio le avrebbe manifestate all’età di 12 o